giovedì 4 dicembre 2008

da "giustizia giusta"

Giornalista del Messaggero, Massimo Martinelli è l'autore di "La Palude", libro nel quale viene raccontato ciò che non va nella giustizia italiana. Insomma casi di cosiddetta "malagiustizia" alla quale, però, nel lavoro di Martinelli, sono affiancati anche esempi di "isole felici, dove pochi magistrati, con pochissimi mezzi, riescono a far funzionare i loro tribunali".
Massimo Martinelli ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda e per questo lo ringraziamo. Martinelli, ma la giustizia italiana è davvero una "palude"? Perché, in caso affermativo, non saremmo messi granché bene…."Che non siamo messi – come dice lei - "granchè bene" è quasi un eufemismo. In una recente classifica della Banca Mondiale datata 2008 l'Italia è al posto numero 155 sui 178 esaminati in quanto a tutela dei diritti dei cittadini. E il sistema giudiziario dovrebbe servire proprio a questo, a tutelare i diritti di noi cittadini".
Cito da un suo articolo: il tribunale è un luogo "dove ci vogliono circa 1.400 giorni per recuperare un credito e magari bisogna spendere 10.000 euro di fotocopie per esercitare al meglio il proprio diritto alla difesa": eccesso di burocrazia, scarsa operatività del personale o cos'altro? "In molti tribunali succede questo e anche altro: si spendono milioni di euro in intercettazioni e nello stesso tempo si attaccano i cartelli nei bagni per avvisare i frequentatori di portarsi la carta igienica da casa, perché non ci sono i soldi per comprarla. Per rispondere alla sua domanda, ho la sensazione che manchi – in una parola - la cultura dell'organizzazione". Mi pare di aver letto che secondo lei i tribunali "assomigliano sempre di più a luoghi in cui è facile rimanere infangati e affondare nelle sabbie mobili della burocrazia e dell'immobilismo". Esiste, a suo parere, una ricetta per modificare lo status quo? "E' la domanda alla quale cerca di dare un risposta "La Palude" che non è, e non vuole essere, una denuncia sterile, di quelle che ogni anno è possibile ascoltare alle inaugurazioni dell'anno giudiziario. Il libro vuole dimostrare che le cose possono funzionare anche con la carenza strutturale di personale e di mezzi in cui versano i distretti giudiziari italiani. O meglio, la dimostrazione viene da alcuni tribunali sparsi per l'Italia, da Bolzano a Caltanisetta, da Torino a Campobasso fino a Cremona. Lì ci sono magistrati che hanno posato la toga e sono diventati manager, hanno razionalizzato, organizzato, risparmiato. E sono riusciti a far funzionare le cose".Uso e abuso delle intercettazioni telefoniche: qual è il suo pensiero e dove si deve fermare, a suo parere, la "libertà di informazione" (sempre che si debba fermare)? "Le relazioni dicono che nel 2007 sono state disposte centododicimila intercettazioni telefoniche e oltre diecimila intercettazioni ambientali, per un costo di circa 230 milioni. Mi chiedo se quei soldi si sarebbero potuti utilizzare meglio, viste le carenze di mezzi e di organici di chi deve fare le indagini. Molti autorevoli giuristi, da Giuliano Vassalli ad Annibale Marini, dicono che si è persa la cultura dell'investigazione, che i pm trovano più comodo ascoltare le telefonate che fare indagini vecchia maniera e in qualche modo mi sento di condividere questo pensiero".
Per Massimo Martinelli, il giudice che sbaglia dovrebbe in qualche modo "pagare"?"Penso che chiunque ricopra incarichi delicati che hanno a che fare con i diritti primari della persona, se non è chiamato a rispondere dei propri errori finisca per smarrire il senso di responsabilità che dovrebbe contraddistinguere sempre il suo operato".

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