lunedì 15 dicembre 2008

SINERGIE D'ARTE

Mercoledì 17 dicembre 2008, alle ore 18:00 tutti gli interessati sono invitati per il consueto appuntamento di "Sinergie d'Arte" a cura di Autori Online presso il Caffè Letterario (Roma, via Ostiense 95, ingresso libero).
Gli incontri culturali, che si svolgono ogni mercoledì alla stessa ora, prevedono: presentazione di libri, interviste con gli autori e letture poetiche dedicate ai poeti presenti in sala (i loro testi verranno successivamente pubblicati a cura delle Edizioni Artescrittura).
Questa settimana, in particolare, saranno ospiti della rubrica condotta da Deborah D'Agostino i componenti della redazione di "Linfera", rivista di poesia, prosa e teatro, organo del Movimento per la Neorinascenza letteraria: un periodico che, nel giro di un paio d'anni, si è conquistato una sicura credibilità nel panorama culturale grazie a "testimonial" d'eccezione, come Maria Luisa Spaziani, Dante Maffia, Salvatore Martino, Elio Pecora, Angelo Sagnelli, e al rigore della linea editoriale.
Interverranno: Luca Morricone (direttore), Roberto Raieli (vicedirettore), Francesco Lioce, Marzia Spinelli, Antonietta Tiberia.

venerdì 12 dicembre 2008

Gaza

''Sarebbe un dovere per una Corte criminale internazionale investigare sulla situazione e determinare se i leader politici israeliani e i comandamenti militari responsabili dell'assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni contro le leggi criminali internazionali''.
A pronunciare queste dichiarazioni è Richard Falk, docente universitario di diritto internazionale, ebreo statunitense. Il professor Falk, ieri, ha relazionato così davanti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra. Il Consiglio, composto da 47 membri, ha discusso due giorni della situazione a Gaza, ascoltando il suo inviato.
Falk ha esposto la situazione del rispetto dei diritti umani nella Striscia di Gaza, dove era stato inviato dall'Onu in qualità di inviato speciale, tracciando un quadro disarmante. Falk si è spinto fino a rinvenire nella politica israeliana a Gaza gli elementi della 'punizione collettiva' di un popolo, un ''crimine contro l'umanità''. L'inviato dell'Onu ha concluso il suo intervento chiedendo alle Nazioni Unite un intervento urgente sulla questione.

martedì 9 dicembre 2008

Latte crudo e FARE VERDE

Sono 6 i casi nel 2008 di gravi infezioni renali causate nei bambini dal batterio dell'Escherichia coli che sono stati "collegati" al consumo di latte crudo. E che hanno spinto il sottosegretario alla Salute, Martini, a valutare " se sospendere la commercializzazione del latte alla spina".
Un fenomeno, quello della vendita del latte crudo, che Fare Verde considera assolutamente positivo: il numero dei rivenditori e' oggi aumentato a circa 2000, interessa 71 province e consente di portare in tavola un prodotto vivo che agisce da stimolante del sistema immunitario e della vitalita' della flora intestinale. Prodotto che viene sempre da allevamenti situati nelle immediate prossimita' del distributore automatico con evidenti vantaggi ambientali, oltre che economici.
"Chiediamo al Governo di non bloccare la distribuzione del latte crudo ed il circuito virtuoso che ne deriva - sottolinea il Presidente di Fare Verde Massimo De Maio - ed abbiamo appreso con sollievo le parole del Ministro per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Zaia, che si dichiara sempre favorevole a questa modalita' di vendita di un prodotto nazionale insostituibile e giudica serie le aziende agricole italiane."
D'altronde ferrei regolamenti sui controlli igienico-sanitari sono gia' in vigore e le verifiche dei Nas fattive: nel Lazio sono gia' stati individuate delle irregolarita' ed alcuni distributori immediatamente chiusi. Rimane fermo il consiglio, che vale per tutti i prodotti crudi, di bollire il latte prima del suo uso: le alte temperature uccidono infatti i batteri eventualmente presenti che sono "rischiosi per soggetti debilitati o soggetti da malattie immuno-depressive o gastrointestinali, nonché per bambini di età inferiore ai 3 anni" (Circolare 44/18 del 21/4/2008 della Regione Emilia Romagna che recepisce l’intesa Stato-Regioni).

giovedì 4 dicembre 2008

da "giustizia giusta"

Giornalista del Messaggero, Massimo Martinelli è l'autore di "La Palude", libro nel quale viene raccontato ciò che non va nella giustizia italiana. Insomma casi di cosiddetta "malagiustizia" alla quale, però, nel lavoro di Martinelli, sono affiancati anche esempi di "isole felici, dove pochi magistrati, con pochissimi mezzi, riescono a far funzionare i loro tribunali".
Massimo Martinelli ha accettato di rispondere a qualche nostra domanda e per questo lo ringraziamo. Martinelli, ma la giustizia italiana è davvero una "palude"? Perché, in caso affermativo, non saremmo messi granché bene…."Che non siamo messi – come dice lei - "granchè bene" è quasi un eufemismo. In una recente classifica della Banca Mondiale datata 2008 l'Italia è al posto numero 155 sui 178 esaminati in quanto a tutela dei diritti dei cittadini. E il sistema giudiziario dovrebbe servire proprio a questo, a tutelare i diritti di noi cittadini".
Cito da un suo articolo: il tribunale è un luogo "dove ci vogliono circa 1.400 giorni per recuperare un credito e magari bisogna spendere 10.000 euro di fotocopie per esercitare al meglio il proprio diritto alla difesa": eccesso di burocrazia, scarsa operatività del personale o cos'altro? "In molti tribunali succede questo e anche altro: si spendono milioni di euro in intercettazioni e nello stesso tempo si attaccano i cartelli nei bagni per avvisare i frequentatori di portarsi la carta igienica da casa, perché non ci sono i soldi per comprarla. Per rispondere alla sua domanda, ho la sensazione che manchi – in una parola - la cultura dell'organizzazione". Mi pare di aver letto che secondo lei i tribunali "assomigliano sempre di più a luoghi in cui è facile rimanere infangati e affondare nelle sabbie mobili della burocrazia e dell'immobilismo". Esiste, a suo parere, una ricetta per modificare lo status quo? "E' la domanda alla quale cerca di dare un risposta "La Palude" che non è, e non vuole essere, una denuncia sterile, di quelle che ogni anno è possibile ascoltare alle inaugurazioni dell'anno giudiziario. Il libro vuole dimostrare che le cose possono funzionare anche con la carenza strutturale di personale e di mezzi in cui versano i distretti giudiziari italiani. O meglio, la dimostrazione viene da alcuni tribunali sparsi per l'Italia, da Bolzano a Caltanisetta, da Torino a Campobasso fino a Cremona. Lì ci sono magistrati che hanno posato la toga e sono diventati manager, hanno razionalizzato, organizzato, risparmiato. E sono riusciti a far funzionare le cose".Uso e abuso delle intercettazioni telefoniche: qual è il suo pensiero e dove si deve fermare, a suo parere, la "libertà di informazione" (sempre che si debba fermare)? "Le relazioni dicono che nel 2007 sono state disposte centododicimila intercettazioni telefoniche e oltre diecimila intercettazioni ambientali, per un costo di circa 230 milioni. Mi chiedo se quei soldi si sarebbero potuti utilizzare meglio, viste le carenze di mezzi e di organici di chi deve fare le indagini. Molti autorevoli giuristi, da Giuliano Vassalli ad Annibale Marini, dicono che si è persa la cultura dell'investigazione, che i pm trovano più comodo ascoltare le telefonate che fare indagini vecchia maniera e in qualche modo mi sento di condividere questo pensiero".
Per Massimo Martinelli, il giudice che sbaglia dovrebbe in qualche modo "pagare"?"Penso che chiunque ricopra incarichi delicati che hanno a che fare con i diritti primari della persona, se non è chiamato a rispondere dei propri errori finisca per smarrire il senso di responsabilità che dovrebbe contraddistinguere sempre il suo operato".

lunedì 1 dicembre 2008

Roberto Vivarelli ospite dei "Giovedì dello Spirito"

Nel quadro del ciclo di appuntamenti “I giovedì della Spirito”, Roberto Vivarelli presenterà il volume Fascismo e storia d'Italia, (Il Mulino 2008).
L'incontro si svolgerà giovedì 4 dicembre alle ore 17.30 nella Sala Renzo De Felice della Fondazione Spirito, in Via Genova 24, Roma.
Introduce Giuseppe Parlato Presidende della Fondazione.
Roberto Vivarelli è professore emerito alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Storico ed sperto di storia del fascismo è autore di numerosi volumi fra i quali ricordiamo Storia delle origini del fascismo (2 voll. Il Mulino 1991); La fine di una stagione, (Il Mulino 2000); I caratteri della storia contemporanea, (Il Mulino 2005). Roma, 1 Dicembre 2008

venerdì 28 novembre 2008

Contro le morti bianche

La rivendicazione di CasaPound è finita su Youtube. “CasaPound rivendica lazione portata a termine questa mattina, 27 novembre 2008 alle prime luci dellalba” vi si legge “Abbiamo incappucciato una ventina di statue della città, tra queste spiccano le statue di palazzo M, il bersagliere di piazza Roma e il bonificatore di piazza quadrata. Lazione è stata intrapresa in tutta Italia. A seguire, la denuncia della situazione che in Italia fa registrare un tragico bilancio di morti sul lavoro. “Più di 2500 incidenti al giorno, tre morti quotidiane, 27 invalidi permanenti, per un bilancio complessivo che nel 2007 ha raggiunto le 1.200 vittime” si legge ancora nel comunicato “Ogni maledetto giorno in Italia si muore sul lavoro, con cifre e proporzioni indegne di un Paese civile. Ogni maledetto giorno la Nazione cade strozzata dagli speculatori, dagli affaristi e dai loro padroni e padrini illustri. Contro lo scempio sociale delle morti sul lavoro, CasaPound Italia vuole aprire gli occhi di quegli italiani che qualcuno vorrebbe distratti dalle avventure, certo socialmente fondamentali, di ex parlamentari comunisti alle prese con reality e rotocalchi”.
http://www.youtube.com/watch?v=n7cQ6yQ62kk&eurl=http://blog.panorama.it/culturaesocieta/2008/11/27/statue-incappucciate-la-protesta-di-casapound-contro-le-morti-bianche/

giovedì 27 novembre 2008

Un' intervista

all'autore della biografia di Bombacci
http://www.mirorenzaglia.org/?p=4279

Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce



Fascio e martello. Viaggio per le città del Duce
18.00 EURO
Di Antonio Pennacchi. "La città è il posto l'incrocio, la cerniera - dove si svolgono i traffici, gli scambi, le comunicazioni. Ed è per questo che una città non è un museo, se non è morta. Se è viva si trasforma, inevitabilmente." Così come si sono trasformate le "città del Duce", quelle innumerevoli "città di fondazione" tirate su dal regime tutte più o meno sullo stesso modello, e tutte con lo stesso intento: realizzare la rivoluzione agraria che Mussolini aveva promesso ai suoi reduci e su cui voleva fondare l'impero autarchico. Si comincia nel '28 con la bonifica delle Paludi Pontine, poi le Puglie, la Libia, il latifondo siciliano. Una vera epopea edificatrice, almeno secondo l'autore che quelle città le ha cercate, visitate, fotografate, studiate una per una arrivando a contarne ben 147. Alcune oggi sono grandi e affollate, altre desolate e spettrali. Eppure hanno molto in comune: la loro storia di "città nuove". Brossura 14 x 21 cm. pag. 342 con 86 illustrazioni b/n

lunedì 24 novembre 2008

dal sito di FARE VERDE

La mondezza puzza, ma certa politica non è da meno

DI CARLO: UN ASSESSORE ALLA VACCINARA

Fare Verde chiede le dimissioni dell'assessore alla casa e ai rifiuti,si schiera contro il monopolio dei privati sui rifiutie indica la soluzione nella raccolta porta a porta della differenziataLa discarica più grande d'Europa, falde inquinate, aria irrespirabile, raccolta differenziata ai minimi termini, monopolio dei privati nella gestione dei rifiuti, uso di "nuove tecnologie" messe al bando nel resto d'Europa, produzione di diossina, mancanza di centraline, piani d'emergenza e controlli inesistenti. Questa è la situazione dei rifiuti a Roma, portata all'attenzione nazionale dalla trasmissione Report. Una situazione che Fare Verde denuncia da anni, aggravata oggi dalle incredibili affermazioni dell'assessore regionale Mario Di Carlo.“Dopo le gravissime affermazioni fatte nel corso dell'ultima puntata della trasmissione televisiva Report” - afferma Massimo De Maio presidente nazionale di Fare Verde onlus - “è inammissibile che l'assessore Mario Di Carlo possa continuare a gestire serenamente la propria delega ai rifiuti nella Giunta della Regione Lazio. In un contesto tragico come quello della gestione dei rifiuti, scoprire che i massimi responsabili pubblici delegano completamente le scelte all'imprenditore privato Manlio Cerroni fa inorridire, ma al contempo spiega la mancanza di qualsiasi politica seria sul problema rifiuti”.“Le affermazioni di Di Carlo” - aggiunge Claudia Iacobelli, presidente regionale di Fare Verde Lazio - “sono gravissime nella misura in cui prima giustificano l'invio di materiali riciclabili all'incenerimento contro qualsiasi normativa europea e, subito dopo, confermano i propri personali legami con l'imprenditore interessato a bruciare e non riciclare i rifiuti di Roma. Di Carlo sostenendo in modo molto colorito che a bruciare "certo non poteva essere verdura", dimostra la totale inadeguatezza al ruolo che ricopre e fa emergere pesanti interrogativi sul perché la delega ai rifiuti sia stata assegnata a lui e non all'assessore all'ambiente che, di contro, ha recentemente lanciato progetti per la riduzione dei rifiuti.Un capitolo a parte meritano le dichiarazioni del nuovo amministratore dell'AMA Panzironi che definendo la raccolta porta a porta dispendiosa offre un sostegno alle tesi di Di Carlo e apre la via al tutto in discarica/tutto da bruciare, tesi che fanno felice il monopolista Cerroni, ma non i cittadini romani”.“Quanto dovremo aspettare,” - conclude Iacobelli - “per vedere Comune, Provincia e Regione costituirsi parte civile nei processi ambientali contro i gestori della discarica di Malagrotta, per avere le centraline e monitoraggi intorno a discarica e inceneritore, per avere amministratori, che si occupano di rifiuti tutelando gli interessi dei cittadini e non favorendo imprenditori privati?Dopo il sequestro dell'inceneritore di Malagrotta, Roma deve avere il coraggio di aprire una nuova stagione nella gestione dei rifiuti. Per adesso, come segnale positivo, vorremmo vedere le dimissioni di Di Carlo”.

domenica 23 novembre 2008

Di Pierangelo Buttafuoco

in attesa di leggere il suo nuovo libro (in libreria da mercoledì prossimo) riproduciamo l'imtervista apparsa oggi su "IL GIORNALE"

Buttafuoco, lei mette nelle prime pagine un’ampia citazione di Ahmadinejad sui diritti della donna. Qualcuno reagirà male, leggendo...
«La citazione nessun giornale italiano l’ha riportata anche se era un discorso all’Onu. Mi meraviglio sempre dell’assoluta ignoranza in cui ci muoviamo, l’ho messa per quello. Esattamente nessuno sa quanto i musulmani venerino la Vergine. Insomma, si pretende lo scontro di civiltà quando ignoriamo tutto...».
Lei parla di un Occidente che si fabbrica il suo happy end mentre in realtà si limita a consumarsi. È l’altra faccia di questa ignoranza?
«Io sono cresciuto in una famiglia che ha fatto dell’Occidente una bandiera, sono cresciuto a pane e Pino Romualdi, quindi può capire la sofferenza. Ma oggi questa parola è solo il cavallo di Troia con cui la sinistra fa fare il lavoro sporco alla destra... Per fare un esempio, quando vedo tutti starnazzare attorno alle moschee mi chiedo: ma non sarebbe meglio chiudere le discoteche? La destra una volta era il senso della tradizione, della fede, della patria. Ora cos’è che dovremmo difendere: le minigonne? La vita à la page? Il consumo?... Oppure tutti quei miscredenti che parlano di valori solo perché non tollerano di vedere altri, i musulmani, che sono capaci di fermarsi e di pregare mentre noi non ci riusciamo più?».
È questo che intende dicendo: «La destra ha prodotto il peggior Occidente»?
«Sì, la destra è diventata custode della sovversione, è solo una sinistra senile. Ha dimenticato l’identità greco romana, il cattolicesimo, il Golgota. È carica di pregiudizi. Quei pregiudizi che sono il veleno che ci hanno inoculato gli illuministi...».
A partire dal titolo del libro, Voltaire è visto come uno dei simboli dei nostri mali. Ma è sicuro?
«È stato Voltaire a fabbricare quel pregiudizio sulla religione che ci ha avvelenato... Mentre la religione è l’istinto di sopravvivenza dell’uomo. La religiosità è alla base. Ecco perché nel libro insisto sul Venerdì Santo, sulle processioni che, grazie a Dio, in Sicilia hanno ancora un senso. Insisto sulla croce che un tempo era simbolo di Occidente e ora è rimossa. Pensi a Mel Gibson, l’hanno stanato come un cane rognoso solo perché ci ha messo davanti agli occhi il Golgota. Il Golgota dà fastidio perché è verità...».
Lei delinea una triade che ha difeso la spiritualità nel ’900: Heidegger, Wojtyla e Khomeini. Sull’ultimo si può dissentire.
«È una grande vittima del pregiudizio, quelli che lo osannavano come rivoluzionario sono quelli che ora si scagliano contro di lui in nome della guerra di civiltà. Nessuno però si è preso la briga di studiare davvero la sua storia e il suo pensiero. È un personaggio di enorme spiritualità che ha portato avanti una rivoluzione che è solo in minima parte politica e inoltre aveva un’enorme capacità predittiva... Ha visto in anticipo il crollo dell’Unione Sovietica».
Leggendo si può avere l’impressione che lei dia la nostra civiltà per spacciata e che per questo scriva con rabbia...
«Con rabbia no, diciamo che ci ho messo il sangue... E no, non do la nostra civiltà per spacciata, bisogna scavare all’indietro, recuperare i valori. Sino ad ora siamo andati avanti solo a colpi di rimozione. Bisogna recuperare la tradizione, ma come materia viva... Non è una cosa che si può imporre... Dobbiamo in un certo senso svegliarci da un lungo sonno... Dobbiamo riscoprire la nostra tradizione: Petrarca, Galilei, Leonardo. Qualcuno pensava di andare alla guerra di civiltà armato solo di poche e frettolose voglie».
Ha dedicato il libro a Giuliano Ferrara. Ma il direttore del «Foglio» su molte cose, come la guerra in Irak, la pensa diversamente da così...
«Io e Giuliano, pur nella diversità, stiamo sulla stessa barricata. Io su quella barricata porto uno scudo in più, quello della spiritualità, e la spiritualità nell’Islam sopravvive...».

Cabaret Voltaire. L’islam, il Sacro e l'Occidente Bompiani,
pagg. 226, euro 18

giovedì 20 novembre 2008

Ma guarda!

A Treviso la CGIL chiede di sospendere i flussi d'immigrati. "Basta nuovi ingressi di stranieri, finché non saranno ricollocati quelli lasciati a casa in questi mesi dalle aziende".
Paolino Barbiero,Segretario della CGIL di Treviso, precisa "Noi non chiederemo di bloccare totalmente i flussi d'ingresso. Partendo però dalla considerazione che nella nostra provincia sono ormai migliaia gli immigrati rimasti senza lavoro e molti di loro ora rischiano di venire espulsi o di rimanere sul territorio in condizione di clandestini, abbiamo chiesto alle autorità d'intervenire sul governo per sospendere i nuovi arrivi, finché non saranno riassorbiti i disoccupati stranieri. Oltre, ovviamente a quelli italiani".

martedì 18 novembre 2008

Stefano Vincenzi ospite dei "Giovedì della Spirito"

Nel quadro del ciclo di appuntamenti “I giovedì della Spirito”, Stefano Vincenzi presenterà il volume Verso Costantinopoli. Romanzo storico, (Romagraf 2008).
Il romanzo di Vincenzi, strutturato su un ampio lavoro di ricerca e di documentazione storica, è ambientato nell'Impero romano d'Oriente fra il 913 ed il 927 per snodare il tema narrativo centrale intorno alla crisi bulgara, uno degli aspetti più problematici dell'Impero.
Introduce Giuseppe Parlato Vicepresidente della Fondazione Spirito.
L'incontro si svolgerà giovedì 20 novembre alle ore 17.30 nella Sala Renzo De Felice della Fondazione Spirito, in Via Genova 24, Roma.
Stefano Vincenzi, è responsabile della Funzione Compliance di Mediobanca. Inoltre, è professore di Mercato Finanziario Europeo presso la Facoltà di Economia della Libera Università degli studi "S. Pio V" di Roma. Autore di numerose pubblicazioni, questo è il suo primo romanzo.

Ancora sui fatti di Piazza Navona

È stato assolto Michele B. , 19enne appartenente al Blocco Studentesco, arrestato nel corso degli scontri del 29 ottobre scorso a piazza Navona a margine della manifestazione contro il decreto Gelmini. Lo ha stabilito il giudice Valerio Di Gioia accogliendo così l'istanza del pm Silvia Pirro e del difensore del ragazzo, l'avvocato Lorenzo Contucci. .
Procedimento stralciato invece per Yassir Goretz, 33enne responsabile del servizio di sicurezza di Rifondazione Comunista.
Resistenza a pubblico ufficiale era il reato contestato a entrambi mentre nei confronti di Gorez era ipotizzato quello di lesioni personali a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata e danneggiamento.

Giandomenico Casalino, Le radici spirituali dell’Europa. Romanità ed Ellenicità, Edizioni Icaro, Lecce 2007.


mercoledì 12 novembre 2008

GABBO

Da tuttosport :
«Di fronte a un agente che davanti a una rissa ritiene di impugnare una pistola e sparare- ha continuato Manganelli, ospite del secondo seminario di aggiornamento per giornalisti sportivi dal titolo "Il calcio e chi lo racconta", tenutosi a Coverciano- si può parlare di una azione a dire poco avventata...».
Considerato che il povero Gabbo è stato ucciso a bordo di un auto o la rissa si svolgeva nella stessa o si è in presenza di un uso avventato della lingua italiana.

Ricordiamo il bel volume di Maurizio Martucci "11 novembre 2007" in cui si analizzano con precisione i modi con cui è stata costruita disinformazione (anche) su questo argomento.

lunedì 10 novembre 2008

Conferenza Fondazione Ugo Spirito

Nel quadro del ciclo di appuntamenti “I giovedì della Spirito”, Roberto Chiarini presenterà il volume L'intellettuale antisemita, (Marsilio 2008). Il volume curato da Chiarini, raccoglie i contributi di alcuni fra i più noti studiosi italiani di antisemitismo e di cultura italiana del Novecento sul tema del rapporto fra fascismo e leggi razziali. Partecipa Stefano Folli. Introduce Gianni Scipione Rossi Vicepresidente della Fondazione Spirito. L'incontro si svolgerà giovedì 13 novembre alle ore 18.00 nella Sala Renzo De Felice della Fondazione Spirito, in Via Genova 24, Roma.
Roberto Chiarini, è ordinario di Storia contemporanea e titolare dell'insegnamento di Storia dei partiti alla Facoltà di Scienze Politiche all'Università statale di Milano. Presidente del Centro studi e documentazione per la storia della RSI di Salò, fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Turati di Firenze e della Fondazione Lucchini di Brescia. Fra le numerose pubblicazioni ricordiamo: Destra italiana dall'Unità d'Italia ad Alleanza Nazionale, (Marsilio 1995); La destra allo specchio. La cultura politica di An, (Marsilio 2001); 25 Aprile. La competizione politica sulla memoria, Venezia, Marsilio, 2005 e con Marco Cuzzi, Vivere al tempo della RSI (La Compagnia della Stampa 2007). Roma, 10 Novembre 2008

giovedì 6 novembre 2008

da "Il Corriere dellasera"

Davide e la cinghia "Io combattente figlio di una hippy"

ROMA — «Io lo so, voi pensate che noi siamo i fascisti che vanno in piazza Navona, la trovano piena di comunisti e allora cominciano a picchiare i ragazzini.
Ma io c'ero, il 29 ottobre. Ed ero quello con la cinghia in mano, una cinta di cuoio con la fibbia di bronzo zazà, ZetaZeroAlfa.
Ora è distrutta...». Sì, è proprio lui quello mandato in onda da «Chi l'ha visto?», si chiama Davide Di Stefano, è uno dei capi del Blocco Studentesco, ha 22 anni e studia Scienze politiche a Roma Tre: «Figlio di Patrizia, un'ex hippy che oggi prepara marmellate in campagna, e di Luigi, socialista e scrittore.

Son diventato fascista nel 2001, quando al mio liceo, il "Socrate" della Garbatella, volevo prendere parte all'occupazione contro la Moratti.
Ma quelli del collettivo "Dante Di Nanni", dal nome di un partigiano, mi mandarono via.
Perché io, romano da 9 generazioni, difendevo a spada tratta la romanità e l'Impero».
Davide la sera consegna le pizze a domicilio, guadagna 400 euro al mese e vive nel palazzo occupato di CasaPound.
Era presente anche lunedì sera al blitz contro la Rai, in via Teulada.
Lettura preferita: Diario di uno squadrista toscano, di Mario Piazzesi.
È fidanzato con Priscilla, 18 anni, fascista come lui.
«È tutto merito di Priscilla — dice — se è venuta a galla una verità diversa sugli scontri di piazza Navona.
Perché Priscilla, coraggiosissima, in quei secondi di caos è rimasta in piedi sul camioncino e con una Sony ha filmato tutto, anche quando mi son fatto dare la cinta da Cristopher, 16 anni, e mi sono scontrato con quello là».
«Quello là», dice Davide, non era però un ragazzino.
E nel filmato di Priscilla — messo già in rete su YouTube — si vede bene: «È uno con la barba e il bomber blu, è un ultratrentenne dei Rash, Red and Anarchist Skin Heads — spiega Davide — Nel loro sito, Militant, i Rash dicono chiaramente che il loro sport preferito è la caccia al fascista.
Erano i Rash che non ci volevano far passare quella mattina col camioncino. È con loro che c'è stato il primo scontro alle 11.
Noi li spingevamo perché volevamo passare e quelli allora hanno cominciato con le cinghie e i caschi. Così ci siamo difesi...».

Davide, sulla spalla destra, ha tatuato un teschio con una rosa tra i denti: «È un simbolo della X Mas, ma per me vuol dire, soprattutto, ridere in faccia alla morte.
Io però non sono un violento, io sono solo un combattente. Combatto da sempre per la libertà e la giustizia sociale. Scusate: ma che dovevo fare? Farmi menare per risultare simpatico? Se c'è uno che mi dice: tu non passi, tu oggi non manifesti, io non scappo».

A proposito. C'è una canzone del gruppo ZetaZeroAlfa che s'intitola Cinghiamattanza: «Uno, mi sfilo la cinta; due, inizia la danza; tre, prendo la mira; quattro, cinghiamattanza..». Pare che sia il ballo preferito da quelli del Blocco: «Sì, ma mica ci alleniamo durante la settimana a fare a cinghiate — dice Davide —. Quello è solo un gioco tra camerati, nel ballo le cinte non hanno mai le fibbie, sono cinghiate che non fanno male». Sarà.

Il Blocco, però, in piazza Navona, anche dopo, ha risposto in maniera paramilitare. Con una falange armata di bastoni tricolori. «Eravamo solo in tre a sapere di quei 30 bastoni nascosti sul camioncino — confessa Davide —. Ce l'eravamo portati perché conosciamo i nostri polli e già da qualche giorno il clima era cambiato.

Alla sinistra radicale, specie a Rifondazione, non andava bene che il movimento procedesse unito: né rossi né neri ma liberi pensieri... Così, hanno pensato bene di distruggere quell'unità. Quando il giorno dopo, allo sciopero generale, ho visto Bonanni che parlava dal palco di piazza del Popolo piena di palloncini colorati, mi sarei voluto ammazzare. La normalizzazione era compiuta».

Fabrizio Caccia

Da: "Corriere della Sera" del 6 novembre 2008

Obama

Maliziosi sostengono che nelle manifestazioni "italiane" per la vittoria di Obama siano state lanciate sulla folla caramelle e sigarette.
A chi poteva dimostrare di chiamarsi Silvio veniva regalata una bevanda gassata, ai Valter veniva offerto biglietto omaggio per assistere a proiezione cinematografica USA.

Ridatemi Lang

mercoledì 5 novembre 2008

208000

La vicenda legata al comportamento della RAI (Chi l'ha visto?) nei confronti dei ragazzi del blocco va stigmatizzato.
Ma al di là dei giudizi politici e dell'assoluta mancanza di informazione sulle ragioni dei critici nel mentre nei tele giornali e video si viene subissati dalla "indignazione"
dei soliti noti sorprende che non prendano coscienza di un dato:il video di controinformazione sui fatti di Piazza Navona (inserito anche in questo blog)è stato visto,al momento,da oltre 208000 (duecentootomila)utenti.

giovedì 30 ottobre 2008

SEGUE PIAZZA NAVONA

Il filmato di un inquilino di Piazza Navona:anche esso documenta chi ha aggredito.

http://www.youtube.com/watch?v=hFtUMqREeNY&eurl=http://www.vivamafarka.com/forum/index.php?PHPSESSID=9e11e8bf61676455134f6612472e3200&topic=43502.0

Piazza Navona "scontri"

Il filmato che proponiamo è assai eloquente e va confrontato con le dichiarazioni alle tv di quei personaggi che hanno cianciato di un'aggressione del BLOCCO STUDENTESCO.


http://www.youtube.com/watch?v=5wTeI_tatoY&eurl=http://www.bloccostudentesco.org/scuola/index.htm

martedì 28 ottobre 2008

GIOVINEZZA AL POTERE

Riprendiamo un comunicato del BLOCCO STUDENTESCO che certamente farà riflettere chi quaranta anni fa ebbe a confrontarsi con analoghe circostanze

Il Blocco Studentesco è stato parte attiva del corteo di circa 20.000 studenti che hanno manifestato da piazza Esedra fin sotto il Senato.
Dopo molti anni è stato possibile assistere ad una prova di unità generazionale oltre le barriere ideologiche, tutti gli studenti insieme contro la distruzione della scuola e dell'università. Ribadiamo che non è stato un corteo del Blocco Studentesco, ma di tutti gli studenti.
Non è stato gridato alcun coro “duce,duce”, né ci sono stati simboli politici, come detto falsamente da organizzazioni come l'UdS che non hanno neanche partecipato alla manifestazione. La divisione è avvenuta quando membri esterni dei centri sociali di estrema sinistra, hanno costretto con la forza, creando un cordone umano, una piccola parte del corteo a non proseguire fino al Senato. Diffidiamo gli organi di informazione a non mandare notizie false in quanto verranno fatti oggetto di querele. Esistono ore e ore di prove video.
In merito riferisce Giorgio Evangelisti, vice presidente della consulta degli studenti e membro del Blocco Studentesco: “Tutti gli studenti oggi sono stati uniti contro la distruzione del sistema scolastico e universitario. Per fortuna la quasi totalità non ha abboccato al tentativo di strumentalizzazione dell'UdS e dei centri sociali, le immagini parlano chiaro. Probabilmente a qualcuno dà fastidio che ci sia un'unità generazionale, e per questo cerca di distruggere un'esperienza fantastica come quella che sta nascendo. “Arrivati sotto il Senato c'è stato il coro “buffoni,buffoni” lanciato contro esponenti dell'Italia dei Valori che hanno tentato di strumentalizzare. E' stato tra l'altro chiesto un incontro dei rappresentanti studenteschi con il ministro che ci sarà domattina. Conclude il portavoce del Blocco Studentesco Francesco Polacchi: “Continuiamo la nostra lotta contro i tagli alla scuola, il cinque in condotta e la privatizzazione del sistema universitario. Non assisteremo inermi allo scippo del nostro futuro, continueranno manifestazioni, occupazioni e autogestioni. E' in atto un cambiamento epocale, gli studenti sono l'unica voce che si fa sentire. E' ora di dire, giovinezza al potere.”

SINERGIE D'ARTE

Mercoledì 29 ottobre 2008, alle ore 18, si terrà la rassegna "Sinergie d'Arte", a cura di Autori Online, presso il Caffè Letterario di Roma (via Ostiense 95).
Protagonisti della serata gli scrittori: Daniela Ariano, Paola Dei, Felice Vinci, Roberta Papagni Ricci.La manifestazione sarà presentata dai promotori culturali di Autori Online: Giancarlo Bruschini, Deborah D'Agostino, Aleida Lima, Massimo Nardi, Alberto Saso.Il Reading poetico sarà dedicato alla lettura dei brani dei poeti presenti in sala. Il musicista Fabio Evangelista illustrerà il percorso del suo gruppo folk-rock con il quale suonerà alcuni brani.

domenica 26 ottobre 2008

Dal sito di Carlo Gambescia
http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/
riprendiamo questa interessante recensione

Il libro della settimana:
Jean Baudrillard, La società dei consumi, il Mulino, Bologna 2008, pp. 241, euro 15.00 – www.mulino.it
Jean Baudrillard, pur essendo morto nel 2007 a quasi ottant’anni, è attualmente temutissimo dagli studenti di Scienza delle Comunicazioni. Giovani cresciuti a pane, ItaliaUno e Mtv, con le camerette zeppe di gadget audiovisivi, Pc portatili, poster e peluches. Fragili e cinici al tempo stesso, probabilmente viziati: post-moderni insomma.Dimenticavamo. Per quale ragione gli studenti temono Baudrillard? Perché scrive difficile. E se i professori lo mettono in programma, la bocciatura è sicura…Eppure anche i più asinelli dovrebbero essergli grati, perché Baudrillard aveva previsto la loro infanzia e adolescenza nel nuovo Paese dei Balocchi. Veicolato da mass media dal sorriso ancora più mellifluo di quello dell’ Omino di Burro, che traghettava i bambini “discoli” nella collodiana città dei giochi, dove le scuole restavano sempre chiuse… Ma che li trasformava, appunto, in asinelli.E questo in un libro, che ancora oggi rimane l’opera più riuscita del sociologo francese: La società dei consumi, opportunamente ripubblicato dalla casa editrice il Mulino ( Bologna 2008, pp. 241, euro 15.00) e ben prefato da Roberta Sassatelli, studiosa di sociologia dei consumi. La quale, giustamente, ricorda che il testo uscì in Francia nel 1970, e sei anni dopo in Italia. Dove in quel periodo - ma questa è una nostra osservazione - alle armi della critica nei riguardi della società capitalistica, si era sostituita, purtroppo, la critica delle armi…Ciò però non significa che Baudrillard debba essere considerato un cattivo maestro. Tutt’altro. Resta un intellettuale finissimo che aveva individuato la deriva consumistica e post-moderna della società capitalistica. Anticipando di sei anni, il bellissimo testo di Daniel Bell The Cultural Contradictions of Capitalism (1976). Il quale, da sociologo conservatore americano, sosteneva più o meno le stesse cose: il capitalismo consumista ha tradito la sua etica puritana, fondata sul risparmio e sui nobili ideali di vita, eccetera.Con la differenza, che per Baudrillard, il capitalismo era da buttare, anzi si “sarebbe buttato da solo” a causa delle diseconomie, soprattutto sociologiche (povertà, anomia, eccetera) Ma ascoltiamolo: “Come la società del medioevo si reggeva in equilibrio su Dio e sul diavolo, così la nostra si regge sul consumo e sulla denuncia. Ancora attorno al diavolo potevano organizzarsi eresie e sette di magia di nera. La nostra magia è invece bianca: nessuna eresia è possibile nell’opulenza… Attenderemo [perciò] le irruzioni brutali e le disgregazioni improvvise che, in maniera tanto imprevedibile, ma certa, quanto il maggio del 1968, manderanno in frantumi questa messa bianca”. In realtà, poi, le “irruzioni brutali” si sono trasformate, per i sessantottini, in assunzioni prestigiose. Ma questa è un’altra storia…Per contro, secondo Bell, si doveva recuperare il capitalismo nella sua versione classica. Semplificando: quella puritana; tutta casa e chiesa, In certo senso per dirla con Baudrillard, il capitalismo doveva riscoprire Dio… Ma in che modo? Puntando, scriveva Bell, sulla moralizzazione religiosa dei consumi, il senso del dovere, il risparmio, il ritrovato gusto di un lavoro onesto, la famiglia, eccetera. Concetti, rispettabilissimi, e tuttora difesi nell’ambito di certo conservatorismo protestante e anche cattolico.Ma in realtà avevano torto tutti e due. Il capitalismo è tuttora vivo e vegeto, perché è riuscito, almeno finora, a conciliare alta produttività e alto consumo: Dio e diavolo, giocando proprio su quella cultura dell’immaginario consumistico, legata al principio del “lavora e divertiti”: dell’integrati e disintegrati al tempo stesso… ma “con juicio”. Ben teorizzata, da Baudrillard, che però - ecco la controindicazione - ha prodotto quei giovani di cui sopra: fragili e cinici al tempo stesso. In certa misura, come nei film gialli, anche in quello “capitalistico” il finale resta aperto… O almeno si spera.Va qui detto che le intuizioni di Baudrillard hanno sicuramente rappresentato per almeno due generazioni di sociologi un costante punto di riferimento: pioniere dell’antieconomicismo, acuto indagatore, come abbiamo visto della sociologia dei consumi, sottile interprete delle più complicate forme simboliche di rappresentazione sociale. E certe sue brillanti intuizioni oggi le ritroviamo nei libri di Caillé e Latouche.Negli ultimi anni della sua vita, tuttavia, come capita talvolta anche ai grandi, il suo pensiero si era fatto meno creativo. Alle ottime sintesi degli anni Settanta-Ottanta del Novecento, seguivano interventi più saggistici, alcuni brucianti, si pensi a quello sull'America, altri meno originali, come gli scritti sull’immaginario postmoderno, e sui media in particolare. Il tutto esposto in uno stile di scrittura sempre più complicato se non oscuro, molto simile, per fare un esempio, a quello di Enrico Ghezzi, il critico cinematografico.Ma c’è dell’altro. Non possiamo, infatti, non accennare anche ai limiti di Baudrillard. Certo, si parla di carenze attribuibili a un pensatore comunque importante.In primis, il suo approccio, come dire, “macchinale” alla società: Baudrillard, come del resto si scopre leggendo La società dei consumi, non si è mai stancato di ripetere, da buon “post-strutturalista” ma in libertà vigilata, che la società in generale è una “macchina” che attraverso i suoi simboli, dipendenti da precisi rapporti di produzione, o comunque strutturali, fagocita gli uomini. Trasformandoli in automi che obbediscono a simulacri: a “rappresentazioni di rappresentazioni”...Ora questo approccio, che può valere per lo studio della società contemporanea, non può sicuramente essere utilizzato per quello della società in generale. Che non è una macchina, ma frutto di un delicato equilibrio interattivo tra cultura (i“simulacri”…), istituzioni e uomini. La società non “produce” uomini: condiziona, ma non determina mai il comportamento umano, come mostra anche la storia.Sotto questo profilo Baudrillard dice troppo, perché costruisce un modello generale di società post-moderna, e poco, perché questo modello generale di società non è astorico, ma particolare, dal momento che riflette solo certi caratteri, “post-moderni”, della società contemporanea e non della società in generale.In parole povere: Baudrillard non distingue tra ciò che cambia e ciò che è immutabile in una società. Pareto e Sorokin che su questa distinzione hanno costruito la scienza della sociologia, se redivivi, lo criticherebbero senza pietà… Ma, tra i grandi sociologi viventi, sarebbe interessante sentire a riguardo il nostro Alberoni, da sempre dedito allo studio delle istituzioni (quel che non muta) e dei movimenti sociali (quel che porta al mutamento).Si pensi, ad esempio, a al Baudrillard che nel maggio del 2005 a proposito dei no all’approvazione della costituzione europea, contrappose le élite nazionali, favorevoli, al popolo, invece istintivamente contrario (Il no alla costituzione europea è una risposta istintiva, una reazione di sfida al disprezzo del potere per la volontà dei cittadini ,in Libération, ripreso da “Internazionale” 27-5-2005 -www.astridonline.it/eu/Contributi/RassegnaS/internazionale_270505_Baudrillard.pdf - ).Che cosa vogliamo dire? Che se la contrapposizione può ancora essere accettata, non può invece essere condivisa la spiegazione che ne dava Baudrillard: il no, a suo avviso, era frutto di un egoismo consumistico, alimentato simbolicamente dallo stesso sistema, e tuttavia tacitamente accettato, più o meno inconsapevolmente, da élite e popolo insieme.Ora, non continuiamo a capire come Baudrillard potesse poi sostenere, contraddicendosi, che dal no si sarebbe sviluppata una opposizione diffusa al nuovo ordine mondiale basato su guerre e consumismoPerché delle due l’una: se élite e popolo parlano lo stesso linguaggio dell’ egoismo, il “cambiamento” non era e non è possibile; se élite e popolo parlano linguaggi diversi (le élite quello dell’egoismo, il popolo quello dell’altruismo), allora il “cambiamento” era ed è possibile. Tuttavia, in questo secondo caso, Baudrillard doveva spiegare come una “macchina sociale” che “produce” inesorabilmente automi e simulacri (“rappresentazione di rappresentazioni”), potesse iniziare all’improvviso a “produrre”, uomini creativi e valori altruistici.Si tratta di una spiegazione importante, cruciale, che non riguarda solo la teoria sociologica, ma per usare una parola grossa, il ruolo della libertà umana nella storia.Certo, è il problema dei problemi. Ma al quale un pensatore della statura di Baudrillard si è sottratto. Purtroppo.

mercoledì 22 ottobre 2008

Venerdì, 24 ottobre 2008I
MISTERI DI MITHRAUmberto Bianchi"Il contesto culturale del mitraismo"Stefano Arcella"I misteri di Mitra"Gian Franco Lami"La città di Mitra"
ore 18:00, Via Fracassini 27, Roma (Lungotevere Flaminio)
a cura del Movimento Tradizionale Romanolacittadella@email.it
I RELATORI:
Umberto Bianchi, editorialista e pubblicista autore di "Alle origini della globalizzazione" (Nuove Idee, 2005).
Stefano Arcella, studioso dei culti gentilizi in Roma arcaica e del pensiero tradizionalista del Novecento, ha curato, per la Fondazione Evola di Roma, la pubblicazione delle Lettere di Julius Evola a Benedetto Croce (1925-1933), Roma 1995, e delle Lettere di Julius Evola a Giovanni Gentile (1927-1929), Roma 2000. Entrambe le opere sono precedute dai saggi introduttivi del curatore sul pensiero del filosofo romano e sul suo rapporto con la corrente dell’Idealismo. In Studi Evoliani 1998 ha pubblicato uno studio su “La collaborazione di Evola all’Enciclopedia Italiana” e nel 1999 “Evola e la cultura partenopea negli anni ‘30”. Tra i suoi scritti, sono da segnalare, inoltre: Religiosità e presenza politica degli Orazi fra il VI e il IV secolo a.C., in Ricerche sull'organizzazione gentilizia romana (a cura di G. Franciosi), II, Ed. Jovene, Napoli, 1988; I Fabi e la tradizione annalistica, in Ricerche sull'organizzazione gentilizia romana (a cura di G. Franciosi ), III, Ed. Jovene, 1995 . Stefano Arcella è anche uno studioso della legislazione sui beni culturali. Ha pubblicato La gestione dei beni culturali (Napoli 2000).
Gian Franco Lami (Roma, 1946) ha insegnato Scienza Politica all’Università di Teramo, ora insegna Filosofia Politica all’Università di Roma “La Sapienza”. Dal 1978, cura l’edizione italiana degli scritti principali di Eric Voegelin. E' autore di monografie su Adriano Tilgher, Augusto Del Noce, Angelo Ermanno Cammarata, e di altri esponenti della cultura giuridica e politica contemporanea. Dal 1994 collabora con la Fondazione Julius Evola alla pubblicazione dell’opera omnia evoliana.

martedì 14 ottobre 2008

droga

Casa d’Italia Prati – via Valadier 37
giovedì 23 ottobre 2008
ore 18,00: inaugurazione mostra
ore 18,45: dibattito

droga, non solo chiacchiere
dagli abissi dell’illusione

mostra fotografica per ragionare insieme
di
Luciana Paris

si confrontano
Massimo Barra, Presidente nazionale Croce Rossa Italiana
Germana Cesarano, Presidente Magliana 80
Ettore Rossi, direttore Villa Maraini
Giancarlo Trovato, direttore nonsolochiacchiere
Gaetano Campo, responsabile carcere coop. G.I.So. Onlus
interventi dei partecipanti

moderatore
Leandro Bianchini

introduce
Giuliano Castellino, Presidente Area Identitaria Romana



Riflessioni di Leandro Bianchini, moderatore dell’incontro
La mostra fotografica e la tavola rotonda hanno l’obiettivo di mettere a confronto due diverse filosofie di bassa soglia per la tossicomania.
Pur nella loro diversità, tutte e due hanno lo stesso filo conduttore e, soprattutto, lo stesso obiettivo: combattere la droga.
Ed è questo che vogliamo dimostrare tramite una comune e concreta strategia nella riduzione del danno, nella prevenzione e nella riabilitazione.
Desideriamo stimolare un pubblico confronto, per acquisire suggerimenti finalizzati a trovare sempre nuove soluzioni concrete per debellare il problema droga.
Mi fa, quindi, piacere sviluppare una serie di riflessioni per dimostrare che quanto noi stiamo praticando – cioè la riduzione del danno, le unità di strada, etc – non è una strategia etichettabile politicamente, né come antiproibizionismo né rispetto allo schieramento di destra o di sinistra.
La riduzione del danno va interpretata come allargamento e come unica possibilità terapeutica per i tossicomani a basso livello motivazionale, che sono le stesse persone le quali – dopo dieci, dodici anni di consumo di droga – avranno raggiunto una buona motivazione per smettere.
La motivazione è funzione dell’effetto della sostanza, che tende ineluttabilmente a diminuire in funzione del tempo, perché l’uomo si abitua a tutti i piaceri, a tutte le cose belle.
Tutte le cose belle che lo conquistano all’inizio, però, con il tempo diminuiscono il loro fascino e allora per tutti – a un certo momento – arriva quella “accensione di lampadina” che coincide con il momento in cui gli aspetti negativi della droga e tutto ciò che è correlato al suo mondo superano gli aspetti gratificanti e positivi.
Il seguito sarebbe bello ascoltarlo alla tavola rotonda…

segreteria organizzativa: Il Gruppo Libero - viale Giulio Cesare, 59 - Roma
tel: 06.97278917 fax: 06.45471763 - email: segreteria@gisocoop.it

lunedì 13 ottobre 2008

Un appello dalla/alla rete

Riteniamo importante dare ,per quel che ci è possibile,voce all'appello che vede come primo firmatario Carlo Gambescia a cui ci si può rivolgere per le adesioni.

Appello urgente alla ReteQuattro misure contro la crisi:Sospendere temporaneamente il pagamento dei mutui; vietare le transazioni allo scoperto; bloccare la costruzione delle grandi infrastrutture non cantierizzate; proporre, da subito, nuovi strumenti per sostenere il reddito delle classi meno agiate.

A fronte della crisi economica in atto, sottoponiamo all’attenzione della Rete il seguente appello formale:- La crisi in corso evidenzia i limiti del capitalismo in termini etici, sociali, economici e politici.- Di qui la necessità del suo superamento attraverso l’edificazione graduale e non violenta di un nuovo modello di società, capace di integrare i valori della solidarietà e della sobrietà.- Vanno perciò subito presi alcuni provvedimenti a difesa del credito, dei redditi e dell’occupazione di tutti i cittadini, in nome del benessere collettivo e non di quello particolare di pochi speculatori. Si tratta di interventi finalizzati, in prospettiva, al recupero della piena sovranità della politica, intesa nel senso più nobile del termine, sull’economia. Interventi che devono chiamare in causa il ruolo dello Stato nell’ambito della tutela, in ultima istanza, del lavoro e del credito ai cittadini e alle famiglie. Ma anche di facilitare, sotto il profilo legislativo, il ruolo della magistratura nel perseguire i reati finanziari commessi nello svolgimento di attività borsistiche e creditizie.A questo proposito si chiede, in attesa di una ormai irrinunciabile evoluzione sociale in senso umano e contro la bestialità della pura logica del profitto, alle forze politiche di maggioranza e di opposizione, di sostenere nell’ambito del Governo, del Parlamento e in tutte le sedi politiche opportune – qualora la situazione nei prossimi mesi, se non addirittura giorni, dovesse precipitare – le quattro seguenti misure, sicuramente “minimali”, ma capaci di rappresentare il primo segnale di una volontà comune di fuoriuscire dal vizioso ciclo capitalistico del debito e della speculazione:1) Dichiarare temporaneamente sospeso il pagamento di tutti i mutui bancari, inclusivi degli interessi maturati, stipulati entro gli ultimi cinque anni, per l’ acquisizione della prima casa.2) Dichiarare illegali, a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, tutti i cosiddetti prodotti derivati e le cosiddette transazioni “allo scoperto” (elencandoli in apposite tabelle complementari ).3) Proporre, sin da oggi, nuovi strumenti per sostenere il reddito delle classi meno agiate, qualora aumenti dell’inflazione e dei prezzi delle merci di largo consumo mettano a serio repentaglio livelli di vita già oggi precari.4) Bloccare la costruzione delle grandi infrastrutture non ancora cantierizzate (TAV in Val di Susa, Ponte sullo Stretto di Messina ecc.) al fine di utilizzare il capitale ad esse destinato per sostenere i redditi e l’occupazione, riservandosi di sottoporle in un secondo momento ad una seria analisi costi/benefici che verifichi l’opportunità della loro costruzione.Tale appello è frutto di ponderata analisi e discussione avvenuta sul Web, e non esclude – per il futuro – nuovi interventi a più ampio spettro.Roma, 10 ottobre 2008Carlo Gambescia (sociologo http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/ )Carlo Bertani (scrittore - http://carlobertani.blogspot.com/ )Marco Cedolin (scrittore - http://marcocedolin.blogspot.com/ -http://ilcorrosivo.blogspot.com/ )Miguel Martinez (traduttore - http://kelebek.splinder.com/ )Valter Binaghi (scrittore - http://valterbinaghi.wordpress.com/ )Nicola Vacca (poeta - http://nicolavacca.splinder.com/ )Guido Aragona (architetto - http://bizblog.splinder.com/ )Antonio Saccoccio (blogger/net-artista - http://liberidallaforma.blogspot.com/)Truman Burbank (ingegnere http://trumanb.blogspot.com/ )Roberto Buffagni (drammaturgo)Stefano Moracchi (saggista -http://www.attuazionista.blogspot.com/ )Michele Antonelli (ingegnere elettronico)Barbara Albertoni (insegnante - http://www.cloroalclero.com/ )
Eduardo Zarelli (insegnante, editore - http://www.ariannaeditrice.it/ )
Valerio Lo Monaco (giornalista)
Federico Zamboni (giornalista)

Porta Pia

Si ritiene utile "rilanciare" un articolo del Professor Cardini che appare degno di particolare riflessione


- ANCORA A PROPOSITO DI PORTA PIA –

Credo che in questo paese si debba ancora imparare a discutere e magari a polemizzare: ma con serenità e, possibilmente, anche con qualche argomento che vada al di là delle pillole di conformismo e di politically correct.
Non riesco per esempio a capire perché nella nostra opinione pubblica e nei relativi mass media si debba sempre e per forza gridare allo scandalo ogni volta che qualcuno azzarda pareri dietro i quali sia sospettabile la presenza di di tesi o anche solo di proposte che appena appena escano dai solchi ben collaudati delle idées données e delle Verità Inconfutabili garantite dai manuali di scuola media e ripetute dai poligrafi travestiti da ricercatori che impestano le nostre librerie con best sellers regolarmente scopiazzati da vecchi libri di storia. Quelli col Barbarossa cattivo e i lombardi buoni, col Radetzky feroce e i bravi Tamburini Sardi, col “Mamma li Turchi” e col meno-male-che-c’è-stata-Lepanto. Insomma, con la storia detta, ripetuta, collaudata e ribadita sul metro di quei geniali maĩtres-à-penser che molti decenni or sono, mossi a pietà degli studenti pigri, redassero i manualetti noti come “Bignami”. E, se ci si oppone al Bignami, ci si becca la condanna secca come una mannaia: “revisionisti!”.
Ora, premesso che “revisionismo” è parola che dalla storia della politica sé Internazionale” per poi dilagare nel mondo della semistoria e della pseudostoria, è necessario sia chiaro che il lavoro degli storici, intendo di quelli veri, consiste sempre e inevitabilmente, in gran parte, nella revisione delle tesi e delle letture dei fatti quali gli sono state confidate da chi ha lavorato prima di lui. Non esiste quindi nessuna pagina di storia che sia stata scritta una volta sola e per sempre. La storia è una fatica di Sisifo.
Ecco perché è stata obiettivamente ridicola, al di là di qualunque posizione si voglia difendere, la polemica scatenata dall’orazione del generale Antonio Torre che, commemorando ufficialmente il 20 settembre scorso il 138° anniversario della Breccia di Porta Pia, si è particolarmente soffermato sui 19 caduti dell’esercito pontificio sorvolando su quelli italiani; e che il sindaco di Roma Gianni Alemanno non abbia dal canto suo provveduto a rimediare alla gaffe dell’alto ufficiale: sempre che – ha commentato qualcuno – solo di gaffe si sia trattato e non, orrore, di “scelta di campo” o peggio, raccapriccio, di “revisionismo”.
Ora, va da sé che in una sede ufficiale e paludata, per sua natura retorica e convenzionale, come quella di una commemorazione pubblica, non è mai il caso di lasciarsi andare a discussioni storiografiche: il che del resto non era senza dubbio nelle intenzioni e forse nemmeno nelle possibilità obiettive del generale Torre, che fa il militare e non lo storico.
Quel che però non mi meraviglia affatto – ormai so da tempo che cos’è l’Italia -, ma comunque continua a indignarmi, è la desolante piattezza del coro, praticamente unanime, di giornalisti, di politici e perfino (e ciò m’è dispiaciuto) di qualche storico serio: tutti allineati e coperti nello stigmatizzare il silenzio di Alemanno o comunque la sua scarsa energia nel difendere, a scanso di equivoci, la tesi ufficiale della quale egli, in quanto sindaco, viene considerato una specie di garante e di custode (e a dire il vero non se ne capisce il perché).
Insomma. Perché mai non si dovrebbe cominciar a dire che in realtà la storia del nostro Risorgimento, così come si svolse tra 1848 e 1870, non andò affatto come andò perché non avrebbe mai potuto andare altrimenti; e tanto meno che non andò per nulla nel migliore dei modi possibili? E, badate, qui ucronia e fantastoria non c’entrano per niente. Il dogma che la storia non si possa scrivere “al condizionale”, “con i se e con i ma”, è una fesseria che nessuno storico serio – a parte un manipolo di paleostoricisti convinti – non dice più da molto tempo. E non sono io ad affermarlo: bensì uno dei più grandi studiosi viventi, David S. Landes.
La discussione non è affatto oziosa: e tanto meno lo sarebbe al livello politico, se non vivessimo in un paese dominato, fra le altre cose, da una disinvolta schizofrenia e da un’impudica ostentazione d’incoerenze. Vorrei proprio che qualcuno mi spiegasse perché, nei nostri manuali scolastici, continua tuttora a trionfare una visione del Risorgimento degna del libro Cuore e delle Maestrine dalla Penna Rossa – alcuni epigoni delle quali sembrano oggi sedere sugli scranni del governo – mentre quel governo stesso si regge con l’appoggio determinante d’una forza, la Lega Nord, che se fosse un po’ meno bécera dovrebbe pur sviluppare, appunto nel quadro di quanto essa stessa sostiene, anche un serio discorso critico sulle scelte che condussero al processo d’unità nazionale, sui metodi che furono adottati per conseguirle, sulle conseguenze a cui condussero. Perché la soluzione unitaria e centralista, voluta dalla monarchia sabauda che mirava all’espansionismo del suo potere dinastico e dai dottrinari “neogiacobini” che seguivano Mazzini e Garibaldi (e una parte dei quali sacrificò al dogma dell’ “unità indivisibile” i suoi stessi ideali repubblicani), non solo per lungo tempo non era stata l’unica possibile, ma era stata quella considerata, anche a livello internazionale, la più avventuristica e pericolosa.
L’unità proclamata nel 1861 e coronata dalla presa di Roma del 1870 andava direttamente contro un millennio di storia italiana, ch’è e sempre stata per sua natura policentrica, municipalistica, regionale e cittadina; e i capi degli stati italiani preunitari, a cominciare dal papa, si erano tutti – sia pur in diversa misura – adattati ad accettare una formula di unità federale, su un modello non lontano da quello che (essa sì in coerenza con al sua storia) fu adottata dalla Germania proprio in quello stesso 1870. E in tale senso, anche se con accentuazioni diverse, si erano espressi gli ingegni migliori e più equilibrati del nostro Risorgimento, dal Gioberti al D’Azeglio al Cattaneo.
Ma il governo piemontese, guidato dal Cavour e dai suoi successori, scelse – fino a un certo punto in accordo con Napoleone III, poi addirittura senza e contro di lui – la politica delle provocazioni, dei colpi di mano e dell’alternanza di menzogne e di atti di violenza per giungere, contro il diritto e la legittimità internazionali, alla violazione patente dei diritti dello stato pontificio. Che oggi tutti, anche senza sapere di che cosa si trattava, si sbracciano a qualificare di “corrotto”, di “incapace”, di “antistorico”, mentre la realtà del tempo non presenta per nulla tale quadro. Né si capisce perché si continui a far finta di non ricordare che la presa di Roma poté compiersi, proditoriamente da parte italiana, non appena, in conseguenza della sconfitta di Sedan, la protezione dell’imperatore dei francesi a Pio IX venne meno. O perché molti abbiano rimproverato il generale Torre per il suo omaggio – da soldato, se non altro – agli zuavi e in genere ai volontari che accorsero soprattutto dalla Francia a difendere il papa che aveva tutto il diritto a non venire attaccato su quel territorio che egli legittimamente governava.
E sarebbe poi stata con certezza peggiore, per esempio, un’Italia federale, di quanto sia stata l’Italietta unitaria che determinò la questione del Mezzogiorno, provocò scandali finanziari gravissimi a ripetizione, inventò infamie fiscali come la “tassa sul macinato” ch’era una vera e propria tassa sulla miseria, coniò “leggi internazionali” e massacrò contadini siciliani (Bronte) e operai (i cannoni ad “alzo zero” del Bava Beccaris, decorato dal “Re Buono”), fu incapace di rimediare al flusso continuo di poveracci che abbandonavano il paese per disperazione e si dimenticò del destino degli emigrati, infine ci gettò inutilmente – e con opportunistica furbizia – nel grande macello della prima guerra mondiale, da cui sarebbero appunto usciti i tanto detestati comunismo e fascismo? Aveva davvero proprio tutti i torti, l’ “infame” Franti?
Così è, se vi pare. Perché non proviamo a discuterne pacatamente, invece di stracciarci le vesti ogni volta che qualcuno prova a commettere l’indicibile peccato consistente di cercar di rimetterci in moto le meningi? E chiamatelo, se volete, “Revisionismo”.


Franco Cardini

Lettori fissi